Wolayta

I Wolayta sono a 380 km a sud di Addis Abeba, vicino al fiume Omo esplorato a fine ‘800 dall’italiano Bottego. Il territorio è fertile, si estende per 3400 kq e la popolazione vanta una lunga storia di autonomia ed indipendenza. Dal 1550 al 1580, per esempio, i Wolayta respinsero tentativi di invasione da parte delle popolazioni mussulmane dei Galla, gli attuali Oromo. La tradizione narra che san Teclo Haimanot portò il cristianesimo tra i Wolayta nel 13.mo secolo e verosimilmente costituì il punto più meridionale del cristianesimo nel tardo Medio Evo.

Le truppe di Menelik, tuttavia, nel 1894, forti di armi superiori, incorporarono nel nuovo impero il secolare regno e condussero ad Addis Abeba Tona, l’ultimo re, facendo molti abitanti schiavi, impadronendosi di un gran numero di bestiame, seminando terrore e lasciando presidi militari a controllare la conquista. Solo due anni più tardi, Menelik sconfisse gli italiani ad Adua. Da quel 1894 i Wolayta subirono un lento declino e una colonizzazione da parte degli Amhara, l’etnia dominante del nord, che per decenni li hanno disprezzati raccogliendone i tributi.

Negli anni trenta il mercato degli schiavi fu abolito dall’imperatore Haile Selassie. Fino alla rivoluzione del 1974 e la presa del potere da parte di Menghistu nel 1978 le etnie della storica Abissinia ebbero il controllo amministrativo dei villaggi e della campagna. Si stima che i Wolayta, quasi tutti dediti all’agricoltura e al piccolo artigianato, siano circa 2.500.000 concentrati su un lembo di terra troppo piccolo per offrire loro adeguato sostentamento, si calcola che la densità sia oltre i 300 abitanti per chilometro quadrato. Un progetto inteso a promuovere l’occupazione di terre fertili e meno densamente popolate altrove in Etiopia fu tentato durante l’era di Menghistu. Fallì miseramente per la mancanza di supporto iniziale alle famiglie emigrate (casa, cibo) tanto che molti dei coloni perirono o ritornarono ai loro villaggi d’origine.

Purtroppo, gli sperati benefici conseguenti alla formazione di uno stato unitario svanirono nel corso del 20.mo secolo a causa di incessanti e cruenti schermaglie intestine, guerre e guerriglie contro la Somalia, contro il regime filosovietico di Menghistu e infine contro gli indipendentisti Eritrei. Questi ultimi ottennero l’indipendenza ostruendo all’Etiopia l’accesso al mare.

Le conseguenze di queste disastrose vicende sono evidenti in tutto il paese e in maggior misura tra le popolazioni di etnie meno numerose e significative come i Wolayta. I trasporti sono precari: ci sono circa 5,000 km di strade asfaltate con ulteriori 19,000 km di strade con ghiaia o strade percorribili durante la stagione asciutta e 778-km di ferrovia per un paese grande 3,5 volte l’Italia. Le strade sterrate spesso mancano di manutenzione.

Le scuole, frequentate da circa il 50% dei soggetti in età scolare di cui solo un terzo bambine, sono condotte in situazioni di emergenza. Ogni classe arriva spesso ad 80 o 100 allievi/e con un solo maestro accomodati in aule che ne dovrebbero contenere non più di 30/35, l’assistenza medica e precaria, alcuni operatori sanitari in loco valutano addirittura che la mortalità infantile ante età scolare sfiori il 50% (il dato nazionale viene dato al 17,5%), che il 25% della mortalità delle donne tra i 15 e i 49 anni è in conseguenza al parto, che l’aspettativa di vita sia di 47 anni. Esistono dispensari governativi che secondo gli standard occidentali fanno sorgere perplessità, inoltre, dal momento che in Etiopia l’accesso ai servizi medici è a pagamento, molti dei Wolayta non possono beneficiarne.

Tra i fattori che influenzano negativamente l’economia vanno ricordati la presenza di malattie causate dall’inosservanza dei principi elementari di igiene (ci sono difficoltà oggettive ad assumere comportamenti igienici adeguati a causa della mancanza di acqua pulita, non di rado si vedono persone attingere acqua dalle pozzanghere), la distruzione dei raccolti per cause naturali come le piogge irregolari (alcuni anni fa la siccità ha decimato la popolazione e i bovini), gli alti prezzi dei fertilizzanti, i metodi tradizionali di coltivazione che risultano poco efficienti, e l’impossibilità di commercializzare eventuali sovrapproduzioni agricole a causa delle cattive condizioni delle strade.

Ci sono anche aspetti positivi. Sebbene l’Etiopia sia tra gli ultimi paesi al mondo secondo gli indici di sviluppo e del benessere, la società sta mostrando segni di miglioramento, il viaggio è lungo, ma è iniziato, sosteniamolo.

• Dopo decenni di lotte civili, finalmente un periodo di pace.
• La comunità internazionale è diventata più esigente nei confronti dei paesi subsahariani.
• Gli espatriati oltre che a sostenere l’economia con rimesse economiche alle famiglie, spingono per la totale democratizzazione del paese.
• Il traffico su strada cresce di anno in anno.
• Una nuova strada asfaltata collega Soddo ad Addis Abeba via Hosanna riducendo il percorso di 70 km.
• E’ stata aperta una università nella città di Soddo. • L’accesso alla medicina è più diffuso dopo il completamento ad opera della Chiesa Cattolica dell’ospedale di Dubbo nel 2000 e delle Chiese Protestanti dell’ospedale di Soddo nel 2005.
• Un maggior numero di popolazione ha accesso all’acqua potabile, organizzazioni umanitarie sovvenzionano pozzi nel territorio con ripercussioni evidenti sull’igiene e la salute della popolazione circostante.
• Si nota nei centri più grossi l’uso dei telefoni cellulari e l’accesso alla rete internet in via di miglioramento. Questo consente il contatto con altri modelli di vita che da un lato suscita disagio per la cultura natia e dall’altro sprona ad emulare un diverso standard di vita e di atteggiamento verso il mondo femminile e la condivisione delle incombenze relative ai doveri domestici.

 

Back to top